mercoledì 17 marzo 2010

Gli anni de "L'Ora"

Mio padre è stato per alcuni anni Il Direttore Responsabile de "L'Ora", il quotidiano palermitano del pomeriggio che, per anni, si è posto come antagonista de "Il Giornale di Sicilia", mantenendo nello stesso tempo tutte le caratteristiche del quotidiano pomeridiano che offriva anticipazioni di cronaca e di eventi della vita politica con quella tempestività che non avrebbe mai potuto possedere un quotidiano del mattino.
Oggi, con lo sviluppo dell'informazione mediatica, con la velocità della radio-tlevisione, ma soprattutto con l'avvento di Internet e degli aggiornamenti in tempo reale, la funzione dei quotidiani pomeridiani è tramontata del tutto.
Ma allora - parliamo degli anni '50 e '60 - aveva una sua ragione d'essere. M
io padre che - giornalisticamente - si era fatto le ossa - con altre esperienze - anche da Direttore Responsabile di altre testate - assunse - con l'entusiasmo e la serietà che lo contraddistinguevano - la direzione de "L'Ora".
Nel corso della sua dirigenza, la Proprietà vendette la testata giornalistica al Partito Comunista. Mio padre, nelle sue convinzioni politiche, pur dando priorità ai valori trasversali della cultura - era di fede socialista, quando essere Socilista significava ancora qualcosa e, in ogni caso, non veniva dai "quadri" della gavetta politica.
Era nel suo stile praticare una forma di giornalismo puro, non inquinata dalle contrattazioni e dai compromessi politici, e - fondamentalmente - stava dalla parte delle "Verità" e dei valori della cultura, non delle verità di partito. Il primo atto dei nuovi proprietari politici fu quello di creare una figura di co-direttore che affiancasse mio padre nella sua funzione di Direttore Responsabile.
La scelta del PCI cadde su Vittorio Nisticò.
Ovviamente, non conosco né i retroscena, né il clima che venne a crearsi allora in redazione. Mio padre era capace di stabilire rapporti di cortesia e di civile tolleranza con tutti colori dei quali sapeva sempre apprezzare l'intelligenza e le doti culturali.
Erano questi i suoi valori.
Ma questo periodo della "co-dirigenza" della testata giornalistica fu particolarmente duro per lui.
Quel che posso dire, semplicemente arguendo, ciò che accadde e che, in nome del rispetto della linea del partito che aveva la proprietà della testata, ci fu sin dall'inizio una grande ingerenza nei suoi compiti di Direttore Responsabile, una sorta di guerra di logoramento
Mia madre mi racconta che lui, in quel periodo, divenne molto nervoso e suscettibile e che esprimeva questo suo stato, dormendo sempre di meno e fumando una sigaretta dietro l'altra.
Fu il periodo in cui giunse a consumare anche più di quaranta sigarette al giorno (e la sua marca preferita erano le Nazionali senza filtro: vi ricordate il pacchetto verde con la caravella in nero? Quelle).
Era sempre con la sigaretta accesa in mano, o pendente dalle labbra alla maniera di Humphrey Bogart.
Poi, alla fine, la battaglia (che lui non aveva scelto di combattere, perchè voleva soltanto fare bene il suo lavoro), fu persa e lui lasciò, decidendo di cercare altrove un luogo dove esercitare le sue rare doti di intellettuale e di uomo.

Quando mio padre anzitempo morì, sulla sua cassa da morto venne posto (perchè ciò corrispondeva ad un suo desiderio espresso in vita) una copia del primo numero de L'Ora uscito con la sua firma di Direttore Responsabile.


Fa un po' di male constatare che Vittorio Nisticò, di cui qualche giorno fa è stata celebrata la memoria in una giornata di studi, intitolata "L'Ora di Nisticò (1955-1975)", nella sua opera di memorie sugli anni de "L'Ora", Accadeva in Sicilia. Gli anni ruggenti de "L'Ora" di Palermo (Sellerio, palermo), abbia liquidato la precedente dirigenza (quella di mio padre) in appena un rigo e mezzo, con un passaggio distratto, quasi che "L'ora" fosse iniziato con lui e che tutto ciò che era accaduto prima non contasse.

Sarebbe stato bello - e generoso - poter leggere nel bel libro di Nisticò un tributo più articolato, anche perchè mio padre era una persona - ed un professionista - di grande onesta intellettuale e certamente non meritava di essere cassato con l'oblio.


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