sabato 11 aprile 2009

L'importante "presenza" dell'avo Francesco Crispi nella nostra famiglia


Francesco Crispi lo statista (ma prima ancora fervente patriota mazziniano e uno dei principali artefici della Spedizione dei Mille) rappresenta nella nostra famiglia un personaggio illustre, ma - per me - anche una presenza ingombrante.
Mio padre, che ne portava
perfino lo stesso nome, soleva spesso spiegarmi il legame genealogico che ci univa allo statista.
Mio padre riteneva che Francesco Crispi fosse stato un grande: un grande patriota e -
durante il suo governo - un grande riformatore. Pensava infatti che queste qualità avessero fatto pesare la bilancia a favore di Crispi sino alla malaugurata ed infausta avventura imperialista in Etiopia.
Mio padre spesso mi ripeteva che la storia non perdona i perdenti e che la sanguinosa sconfitta di Adua ebbe un peso determinante nel creare attorno a Crispi statista un alone negativo di pessimo uomo di governo. Mi diceva spesso, pur specificando che la storia non si costruisce nè con i "se..." nè con i "ma...", che se Crispi avesse vinto ad Adua il giudizio degli storici sarebbe stato profondamente diverso.

Nello studio di mio padre faceva mostra di sè una foto di Crispi anziano con grandi baffoni candidi alla Bismarck (che riflettevano il fascino esercitato su di lui - nell'ultima parte della sua attività politica - dallo statista prussiano), ma campeggiava anche un busto in bronzo di Crispi giovane in toga da avvocato che egli aveva appositamente commissionato allo scultore palermitano Nino Geraci, autore di diversi statue che abbbelliscono la nostra città (tra cui la fontana della Sirena nella piazza di Mondello).
Come espressione di tale passione, mio padre aveva raccolto nel tempo diverse biografie su Crispi, tra le quali anche l'autorevole testo di Denis Mack Smith sulla storia del Risorgimento italiano, in cui si trattava ampiamente del ruolo svolto da Crispi nell'unificazione d'Italia, e mi esortava sempre a leggere e a approfondire, oltre ad alcuni volumi con gli scritti politici e i discorsi parlamentari di Crispi. Alcuni dei quali poi, - quelli più antichi - venivano da casa sua.
Ogni tanto soleva raccontarmi degli episodi significativi, ma - lo confesso adesso con rammarico - nel periodo della mia adolescenza non stavo tanto ad ascoltarlo, anche se poi molte delle cose che mi diceva si sono a poco a poco sedimentate dentro di me, venendo a costituire un humus fertile.
In questo, mio padre era davvero instancabile e non cessava mai di svolgere - senza darlo a vedere - un'opera di insegnamento e di trasmissiome di valori.
Mi diceva anche che il mio cognome mi avrebbe spesso portato a parlare di Francesco Crispi: forse, rifacendosi proprio alla mia esperienza.
Adesso, lo statista Crispi è alquanto dimenticato: quando qualcuno fa fatica a scrivere in maniera esatta il mio cognome, io dico semplicemente - senza stare tanto a sbrodolare - "quelle delle piazze e delle strade".
Allora, quando io andavo a scuola - sino al Liceo - e quando certi valori erano ancora piuttosto vivi e si veniva dall'aver celebrato nel 1960 il primo centenario dell'Italia unita, la parola "Crispi" evocava subito qualcosa di forte, attivava immediatamente delle reminiscenze storiche ed era inevitabile la domanda se fossi imparentato con lo Statista.
Proprio per questo motivo mio padre mi diceva che, nella materia, dovevo essere ferrato, anche per difendere il buon nome della famiglia da eventuali detrattori.
Si capiva bene che mio padre era proprio orgoglioso di questa illustre ascendenza, ma in maniera discreta e non roboante.
Altri tempi, si potrebbe dire: oggi, le ascendenze e i lasciti di idee e culturali non hanno più alcun valore, lal contrario di qualità disvaloriali come l'arrivismo sfrenato e il potere dei soldi che, invece, sono esaltate.
In ogni caso, mio padre aveva ragione: tante volte mi sono ritrovato a parlare di Francesco Crispi, delle cose esaltanti e buone che aveva fatto, ahimè scivolando poi sulla buccia di banana del colonialismo!!!
E, agli esami di maturità classica, in storia venni interrogato proprio su Francesco Crispi, su cui -
proprio per seguire i suggerimenti di mio padre - mi ero accuratamente preparato, studiando diversi testi - mettendo a punto, come si direbbe oggi, una vera propria "tesina".
Fu quasi scontato che mi chiedessero di parlare di Crispi, come da copione. E feci la mia gran bella figura...
Oggi non è più così. Il cognome "Crispi" non suscita più quelle curiosità, non dà luogo ad interrogativi.
Gli eventi che portarono all'Unità d'Italia sono ormai lontani e per alcuni rappresentano una fatidiosa ed ingombrante memoria.
Oggi, la storia si vorrebbe dimenticare.
E, per molti, la storia è soltanto ciò che è accaduto ieri.
Quando nacque mio figlio Francesco, alla parete della stanza della clinica dove venne alla luce, stava una stampa della Palermo di ieri, raffigurante una veduta della via Francesco Crispi dell'anteguerra.
Mi chiesi allora: una coincidenza o la necessità intrinseca del nome?
Tramandando i desideri di mio padre, vorrei che mio figlio, crescendo possa coltivare in sè un simile "orgoglio" genealogico, ma che nello stesso tempo possa ricordare con altrettanto - se non maggiore - orgoglio chi era suo nonno Francesco e quello che, nella sua troppo breve vita, ha realizzato.

mercoledì 1 aprile 2009

Francesco Crispi e il Premio di Teatro Luigi Pirandello


Dal 1966 Francesco Crispi fu segretario del Premio di teatro "Luigi Pirandello" della Cassa di Risparmio V.E. per le Provincie siciliane, dove egli - sino alla sua morte - rivestì la funzione di Capo Ufficio Stampa che, nella sua interpretazione (grazie anche alla lungimiranza e all'apertura mentale del Presidente dell'Ente Ferdinando Stagno d'Alcontres) lo portò ad essere, in linea con le sue idee, un autentico "animatore" e promotore culturale, ma sempre senza grandi battàge e con modestia, con un lavorio costante che lo portava a mettere in rete i saperi e le competenze specifiche di soggetti diversi.
Il Premio che ebbe l'alto patrocinio della Presidenza della Repubblica (una rappresentanza dell'Istituto di Credito Siciliano venne ricevuta per la presentazione del Progetto dall'allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat) veniva assegnato ad un opera di teatro originale che ancora non era stata nè pubblicata, nè rappresentata.
Nello stesso tempo, il Premio dal 1971 (come Premio Internazionale "Luigi Pirandello") conferiva uno speciale premio alla carriera ad autori di teatro o a registi che si fossero particolarmente distinti per la loro creatività o per la capacità di tradurre nella sensibilità moderna grandi classici del teatro.
Fu così che Ingmar Bergman, il grande cineasta svedese, ma anche straordinario regista teatrale, venne a Palermo.
In una foto conservata nel nostro, disordinatissimo, archivio fotografico mio padre viene affettuosamente abbracciato dal grande Ingmar Bergman; in un'altra posano uno accanto all'altro davanti al fotografo.
Fu un fatto eccezionale che Bergman fosse venuto a Palermo, abbandonando la sua piccola isola del Baltico.
Venne, superando la sua naturale ritrosia, perchè comprese - grazie agli scambi epistolari intercorsi con nostro padre - che quella targa lo avrebbe collegato idealmente a Luigi Pirandello e che era un omaggio alla sua abilità e sensibilità nell'averne messo in scena alcuni lavori.
In una ricorrenza legata a Ingmar Bergman (la notizia della sua morte, avvenuta nel 2007), pur commemorando il grande cineasta, i giornali siciliani hanno taciuto di un evento tanto significativo per la cultura siciliana.
Si sa che la memoria dei giornali e dei giornalisti, il più delle volte è corta e che ciò è utile il più delle volte a dare grande risonanza a notizie che non sarebbero tali in verità se solo si menzionasse tutto il loro background storico e le relative radici.

Ma, in noi, ha destato grande perplessità e rammarico il fatto che non si menzionasse minimamente il fatto che proprio a Palermo il grande Bergman era venuto per ricevere la targa "Luigi Pirandello".
Mio fratello Salvatore Crispi, proprio in questa circostanza, ha ritenuto opportuno indirizzare una lettera alla redazione del Giornale di Sicilia, per rinfrescare la memoria sui rapporti tra il premio di teatro Luigi Pirandello e Ingmar Bergmann.
Ecco la sua lettera che venne successivamente pubblicata sul Giornale di Sicilia del 20 agosto 2007, nella rubrica "Lettere", con il titolo "Il regista Bergman vinse a Palermo la prima targa Luigi Pirandello" mentre l'occhiello così recitava:"Era il 1971, il maestro venne premiato al Teatro Biondo. Fu motivo di grande orgoglio per tutta la città".
La scomparsa del regista Ingmar Bergman ha suscitato una grande emozione ed un grande rimpianto, poiché egli, con le sue opere immortali, ha saputo fotografare i contesti umani e sociale del periodo contemporaneo.Questo triste evento è stato riportato, giustamente, con grande risalto, dagli organi di informazione, che hanno ricordato i premi ed i riconoscimenti internazionali, che sono stati assegnati a questo grande regista.
Trascurato, invece, è stato un evento, che ha dato lustro alla città di Palermo.
Negli anni ’60, mio padre Francesco Crispi propose l’assegnazione di un premio teatrale biennale, intitolato a Luigi Pirandello.
Questa proposta fu accolta da Ferdinando Stagno D’Alcontres Presidente della Cassa di Risparmio V.E. per le Province Siciliane.
Nel 1971, nell’ambito di questa iniziativa, venne istituito il Premio Internazionale Luigi Pirandello che aveva il compito di assegnare una Targa d’oro, con l’immagine di Luigi Piarandello, opera dell’artista Emilio Greco, a personalità, che si fossero distinte nel mondo del cinema e del teatro.
La 1^ Targa internazionale nel 1971 fu assegnata a Ingmar Bergman, che fu ospite della Cassa di Risparmio V.E. per le Province Siciliane a Villa Igea e ricevette dalle mani del Presidente Stagno D’Alcontres questo riconoscimento in una cerimonia, molto bella, che si svolse al Teatro Biondo.
L’evento fu un momento di grande orgoglio per la città che, una volta tanto, soprattutto in quegli anni, non era posta all’attenzione, nazionale ed internazionale come luogo in cui accadevano solo fatti di cronaca tristi e luttuosi, ma come città capace di esprimere alti livelli culturali.
Sarebbe, quindi, importante, nel ricordo di Bergman, ma anche per sottolineare i fatti positivi che siamo capaci di esprimere, che si ricordasse la targa d’oro assegnata a questo grande regista. (Salvatore Crispi)
 
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